mercoledì 14 luglio 2010

capolinea retiro

Sono travolta dall’onda umana – è silenziosa e triste – abbastanza triste. Forse è la crisi o forse è solo perché è un’onda. Non so.
Poi, molto silenzio. Questo non te l’aspetti – il parlare sottovoce – il risparmiare le forze.
Prossima stazione Retiro.
Prendiamo il treno e torniamo a casa, a Bisgia – il modo in cui qui dicono villa. Diciotto chilometri di distanza percorsi in quaranta minuti. Tutto si fa complicato.
Retiro – la stazione è bella ma suizia –, lercia. Impossibile reggere l’onda, leggere l’onda, puoi solo sentirne l’odore. La puzza di miseria. Questa sa di piscio di bambino – è lurido - viaggia con i genitori o a branchi di 3 o 4 - dà continue strette di mano e figurine offerte in cambio di pochi pesos.
Ma il pubblico poche volte partecipa, sta appena un pò più su ed ha paura – questa verità riluce come un’apparizione di una delle madonne più popolari della nostra tradizione. La gente va verso la bisgia fea – che è come qui dicono favela. La sentono così vicina che li inquieta e li rende impermeabili a tutto, alle cose più elementari: il pianto, il moccolo, il puzzo di piscio di una bambina di tre anni che ti da la mano e ti lascia la figurina della madonna. Sarà questo il punto di non ritorno?
No, è molto più in basso, ma a me questo mi sembra già abbastanza.

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