sabato 29 gennaio 2011

Il Reuccio

Carbonella pensò di lavarsi le mani con l’acqua corrente, e più le stropicciava e più l’acqua s’intorbidava; se non che, col sole, quel colore luccicava come l’oro. A guardia dei panni stesi al sole non c’era nessuno, ne prese uno, e si asciugò le mani. Vi restavano impronte giallicce, impronte delle mani in varii atteggiamenti, e così nette e così precise, che sembravano dipinte. 
Ah, scellerata! Che cosa hai fatto? Hai macchiato la biancheria della famiglia reale! Tentò di scappare; ma i guardiani  la trascinarono, piangente, mezza viva e mezza morta, al cospetto del Re.
Perché hai tu fatto questo?
Maestà, perdonatemi. Io non sapevo... Se avessi saputo, Maestà... E il pianto le impediva di parlare. Il Re si convinse che una ragazzina di quell’età non poteva aver voluto. Si rifaccia il bucato. La colpa è tutta vostra che non avete fatto buona guardia.
Le lavandaie rifecero il bucato, ma le impronte delle mani non andarono via; e quando i panni furono asciutti, il Re, la Regina, il Reuccio rimasero sbalorditi; erano infatti impronte d’oro!
Il Reuccio, più di tutti, le guardava estasiato:  ah! queste mani! Le più piccole, le più belle manine del mondo!  Le impronte erano così nette, e così ben modellate che da quel giorno in poi, il Reuccio fu colpito dalla fissazione di voler vedere colei che possedeva le più piccole, e le più belle manine del mondo.
Invano il Re diceva: È una ragazza nera, cenciosa, sudicia da far rivoltare lo stomaco. L’ho vista io; e quelle mani che qui sembrano una meraviglia hanno la pelle abbruciacchiata!
Ma il Re, per amore del figlio, spedì parecchi corrieri alla ricerca di quella ragazza. Finalmente, giunge un corriere e dice: Maestà, la ragazza è trovata. E così Carbonella ricomparve di nuovo in presenza del Re. Era più nera, più sciatta che mai, carbonella addirittura; ma ,vispa e tranquilla, perché sapeva di non aver fatto, questa volta, niente di male.
Perché vai di qua e di là?
Voglio incontrare la Fortuna.
E che vorresti dalla Fortuna?
Quel che le piacerebbe di darmi.
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Ecco qui, Reuccio, quelle che voi credete le più piccole e le più belle mani del mondo!
Per piccole, erano piccole, ma belle, no davvero!
Fammi vedere! Fammi vedere! Chi te l’ha bruciacchiate?
Nessuno. Dapprima macchiavo di nero tutto quel che toccavo; era una gran disgrazia. Una vecchia mi disse: Ficcale in quel mucchio di letame, e tiènvele finché potrai. Ora invece macchio in giallo scuro tutto quel che tocco; è un’altra grave disgrazia!
Il Reuccio le guardava con repugnanza, poco convinto che le impressioni lasciate nei panni provenissero proprio da esse.
Lasciatemi vedere! Lasciatemi vedere!
Carbonella, ridendo, tendeva le mani, voltandole e rivoltandole, perché il Reuccio potesse osservarle meglio.
No, no, no!... Non sono queste! Vi fate beffa di me!
Il Reuccio, singhiozzando e piangendo, uscì dalla sala.

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