giovedì 27 gennaio 2011

Chi picchia? Chi cercate?

Sono io, sono Carbonella; chiedo ricovero per questa notte.
L’uscio scricchiolò e apparve su la soglia una vecchia curva, grinzosa. Ti chiami Carbonella? Sei carbonella davvero, ed ora, figliola mia, andiamo a dormire. Spinse un usciolino della parete in fondo e una fila di stanze, una più bella dell’altra, illuminate da una dolce luce azzurrognola, che non si capiva d’onde venisse...
Signora! Voi non sapete! Mi hanno chiamato Carbonella, perché ho la disgrazia di macchiar di nero tutto quel che tocco! Dormirò sullo strame della prima stanza! 
Dormi, e non curarti d’altro!
Se potessi incontrare la Fortuna! Essa sola potrebbe aiutarmi.
Ah, figliuola mia! La Fortuna è capricciosa: oggi dà, domani toglie; dà senza discernimento, toglie allo stesso modo: è una pazza. Se la incontri, non guardarla neppure in viso; da’ retta a me.
Ma come faccio, col difetto di insudiciar di nero quel che tocco?
Per questo c’è rimedio. Non avere schifo. Ficca le mani in questo mucchio di letame, e tiencele finché potrai sopportare il bruciore che sentirai.
...Ahi! Ahi!
Non è niente, Carbonella; sopporta ancora. Pazienza!
Le pareva di aver le mani tra la brace; si contorceva, ma l’idea di guarire di quel difetto le dava forza e coraggio. Le ritrasse. Sembravano carbonizzate. Toccò un panno... e vi lasciò una macchia gialliccia scura, del colore del letame.
Perchè mi avete ingannata?
Non ti ho ingannata vedrai!

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