martedì 1 aprile 2014

Parabellum


So mettere insieme quello che mi ha attraversato come un'elettricità - il più non è stato fatto con le parole ed io senz'altro ho capito, usato, e digerito, e agito - a difendere l'indissolubile, ciò che ha toccato corde profonde, ciò che va difeso.
I fiori, è tutto qui, in questi fiori..
in una malinconia, in uno sguardo che cede.
Non desidero lasciare spazio e tempo alla prepotenza, alla forza.
Arriva in dono nei modi più impensati, ammantata da pensieri delicati, da pensieri di sperdimenti, svelata da pieghe piccolissime e fitte, con grande intensità.
Non desidero morire spazzata dalla scienza.
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I fiori vengono in dono e poi si dilatano
una sorveglianza acuta li silenzia
non stancarsi mai dei doni.

Il mondo è un dente strappato
non chiedetemi perché
io oggi abbia tanti anni
la pioggia è sterile.

Puntando ai semi distrutti
eri l'unione appassita che cercavo
rubare il cuore d'un altro per poi servirsene.

La speranza è un danno forse definitivo
le monete risuonano crude nel marmo
della mano.

Convincevo il mostro ad appartarsi
nelle stanze pulite d'un albergo immaginario
v'erano nei boschi piccole vipere imbalsamate.

Mi truccai a prete della poesia
ma ero morta alla vita
le viscere che si perdono
in un tafferuglio
ne muori spazzato via dalla scienza.

Il mondo è sottile e piano:
pochi elefanti vi girano, ottusi


Amelia Rosselli
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parabèllum s. m. [nome coniato in Germania, traendolo dalla frase proverbiale lat. si vis pacem para bellum «se vuoi la pace prepara la guerra»].

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