È qui che cerco la linea diritta dello zenzero
il verderame che resta sulle grondaie
lo spasimo dello zucchero che si scioglie
nell'angolo alto della tazza; da qui
dove ti aspetto d'ora in poi per sempre
lasciando che passi tutto
in un setaccio largo.
S. Raimondi
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Carissimo Umano, io sono il frassino.
Sono un albero curioso, ma duro come il marmo di un altare, antico quanto la luce del sole. Cresco come un bambino che spiga: alto e magro; ed ho capelli folti e lunghi e braccia che vanno fino al cielo come se volessi abbracciare pure le montagne.
Sono chiamato albero felice, ma al nord esiste un mio fratello: solitario ed unico.
Coi suoi rami sostiene l’universo ed ha tre radici: una che affonda nel mondo dei morti, Hel, una nel mondo dei giganti di ghiaccio Mimir, la terza nella terra degli Asi.
Accanto a lui “primo degli alberi” una fonte da cui le Norme che determinano il destino degli uomini, traggono fango ed acqua, affinché non dissecchi.
Sono l’albero di cui si ricorda l’esistere prima ancora che sia, prima ancora che m’innalzi e quando appare la mia pienezza sono già in decadenza.
E se talvolta, mi figuro di poter essere melo, acacia profumata, gelsomino fiorato, magnolia preziosa; sempre rispondo al richiamo; sempre mi abbandono alla natura, la mia, e faccio ombra di frassino.
Solo ombra.